domenica 26 gennaio 2014

ALBERTO MARTINI: Vita d'artista


Alberto Giacomo Spiridione nasce da Maria dei Conti Spineda de Cattaneis, antica famiglia nobile trevigiana, e da Giorgio Martini, pittore naturalista e professore di disegno.
Tra il 1890 e il 1895 sotto la guida del padre, Alberto inizia a dipingere e a disegnare continuando così la tradizione familiare. In effetti, i parenti materni del padre erano noti decoratori e mosaicisti veneziani.
Durante gli anni della formazione, Martini realizza innumerevoli disegni, rivelando subito una particolare predilezione per la grafica. Pur dedicandosi alle matite grasse, realizza anche oliacquarellitempere di piccolo formato grazie ai quali, superato il mero esercizio scolastico, raggiunge i primi validi risultati.
I temi preferiti sono quelli della campagna trevigiana e dei contadini al lavoro: quindi l'uomo e il suo rapporto con la natura vista nel suo divenire (ad es. Antica gualchiera trevigiana1895). Si esercita anche su fiori e conchiglie, che studia in modo analitico, lasciando una serie di acquarelli molto belli.
Al di là di un mero esercizio dal vero, sono temi attraverso i quali Alberto mostra di assimilare la cultura figurativa italiana ed europea tardoromantica, populista e umanitaria, volta a cogliere dubbi e perplessità d'intonazione simbolista sul senso della vita, piuttosto che a definire un ambiente.
Tra il 1894 e il 1896 realizza le quattordici chine acquerellate dell'Albo della morte, rivelando suggestioni culturali di matrice nordica.
Nel 1895 inizia la prima serie di illustrazioni a penna in inchiostro di china per il Morgante Maggiore di Luigi Pulci, che, tuttavia, presto abbandona per dedicarsi alle illustrazioni per La secchia rapita(1895-1935) di Alessandro Tassoni, continuate sino al 1903.
I centotrenta disegni eroicomici per La secchia, in gran parte opera giovanile, sono, nella definizione dello stesso Martini, ...una curiosa sfilata di soldatacci mangiati dalla fame e pidocchiosi…[...].
Queste opere testimoniano una grande abilità grafica di Martini, che non ha ancora trent'anni, e chiudono l'esperienza giovanile sul piano di precise fonti letterarie e influenza nordiche. Pur nella puntuale referenzialità del testo (la vena burlesca di Tassoni, la sua truculenza barocca e l'enfasi litografica del "sublime" basso), i personaggi elaborati da Alberto sembrano mutare in una sorta di grottesco rivoluzionario che proclama la libertà d'azione e d'invenzione sul personaggio.
Evidente, in queste opere, l'influsso della grafica manierista tedesca cinquecentesca (l'interesse per DürerLuca di LeidaUrs GrafHans Baldung detto Grien, e ammira Joseph Sattler) recuperata attraverso una peculiare lettura simbolista. Ricorda infatti Vittorio Pica nel 1904 "La sua indole di cerebrale fantasioso e la sua visione di analista minuto, lo predisposero a profondamente risentire dell'influenza di Durero e degli altri grandi maestri alemanni..fu per lui una rivelazione e un invaghimento che...giovò...non poco a ben delineare ed a rendere agili e forti alcune native doti di osservazione e di riproduzione del vero".
Nel 1898 Martini soggiorna a Monaco e lavora come illustratore per le riviste Dekorative Kunst e Jugend. Determinante risulta, la primavera di quest'anno, l'incontro dell'artista con Vittorio Pica in occasione dell'Esposizione Internazionale di Torino: sarà il noto critico napoletano a sostenerlo d'ora in poi, proponendo la sua arte in ambito italiano ed europeo. "...Ciò di cui mi ricordo molto bene - scriverà nel 1927 Pica a proposito di quell'incontro - è che fu proprio in tale occasione che ebbi la buona ventura di fare la conoscenza di lui come artista e come persona. L'uomo, poco più che ventenne...mi riuscì di prim'acchito simpatico nella riservatezza signorile, seppure un po' fredda...nell'eleganza sottile della persona, nel pallore del volto, in cui alla freschezza sensuale delle labbra rosse contrastava lo sgardo strano, fra acuto e astratto, fra disdegnoso e canzonatorio".
 A partire dal 1899 esegue una serie di diciannovecromolitografie (cartoline postali illustrate, manifesti per Carnevale o veglioni e affiches pubblicitarie) per le case litografiche Longo e Zoppelli di Treviso.
Si tratta di lavori d'ispirazione vagamente liberty con evidenti richiami alla Secessione e al gusto preraffaellita inglese. Vittorio Pica offre intanto all'artista di collaborare come illustratore alla rivistaEmporium e ai fascicoli Attraverso gli Albi e le Cartelle.
Nel 1901 esegue il primo ciclo di 19 disegni a penna acquarellati per l'edizione illustrata de "La Divina Commedia" promossa dal concorso Alinari di Firenze.
Nel 1904 effettua un breve soggiorno a Parigi. Disegna i primi ex libris per Antonio Fogazzaro, V. Pica, G. Rovetta e Tom Antongini. Si dedica a un altro ciclo grafico dal titolo La lotta per l'amore(disegni a penna e pennello in inchiostro di china).
Nel 1905 completa la serie La lotta per l'amore (in totale 86 disegni). Inizia le illustrazioni per La parabola dei celibi.  Nel mese di luglio inizia a eseguire le tavole illustrative per i racconti di Edgar Allan Poe, cui lavorerà sino al 1909 e oltre, inaugurando un periodo di grande intensità creativa nell'ambito della grafica a spunto letterario. "L'immaginativa del giovine trevigiano - scrive ancora Pica dopo il 1908 _ postasi in stretto contatto con quella del geniale letterato americano, mentre intensificava e raffinava le varie proprie doti, ha sagacemente saputo rinunciare a quel senso di voluttà comprendendo che esso sarebbe riuscito inopportuno per comprendere e fare poi comprendere agli altri l'esenza dell'idealismo di Poe, schivo di ogni più lontana ombra sensuale". Martini realizza anche una decina di tavole tra le quali La Bella veneziana, la vergine venduta, L'amante abbandonata, La Venere dissepolta, contraddistinte da un'ispirazione macabro-sensuale-satirica in cui l'artista rivela, come sostiene Pica, una "immaginativa...spiccatamente e possentemente originale, checchè abbia affermato qualche critico che vi vuole scorgere ad ogni costo un'immediata derivazione da Felicien Rops e da Aubrey Beardsley".
Nel 1910-11 In seguito alla morte del padre, avvenuta il 28 ottobre 1910, Martini si trasferisce con la madre a San Zeno, nella campagna di Treviso. A questo periodo risalgono le illustrazioni più significative eseguite per l'Amleto di Shakespeare, il ciclo grafico per le poesie di Paul Verlaine (55 disegni a penna colorati a pastelli) e una serie di puntesecche quali La sirena dormienteLe figlie di LedaLa sirena e il mostro. Scriverà nel suo libro "Vita d'artista": <La nostra villetta era ridente e tranquilla, vicina alle calme acque d'argento del Sile; due grandi pini quasi neri, un piccolo giardino, un frondoso pergolato, un orato fiorito per Leda (il cane), dietro la casa un frutteto e una piccola vigna. ... quante volta la fortuna battè alla mia porta campestre, ma la respinsi o non le diedi ascolto. Ero prigioniero dei miei sogni. Avrei potuto andare in Russia per il successo che vi ottenne un mio lavoretto, e perchè alcuni amici della mia arte volevano pubblicare il mio Poe. Ma non mi sentivo di abbandonare il nido. ... In quella solitaria villetta feci i disegni russi, i misteri macabri e tenebrosi...Feste veneziane, arlecchini, carnevali, farfalle..."
Nel 1912, incoraggiato da Pica, Martini si dedica alla produzione pittorica, facendo uso soprattutto della tecnica del pastello.
Esegue le "Sinfonie del sole" (L 'AuroraLa notteI fiumi) e il pastello Farfalla gialla, esempio delle numerose opere di questi anni caratterizzate dal tema della donna-farfalla. Il medesimo soggetto ricomparirà nel 1915, in una serie di litografie intitolata "Farfalle".
Allo scoppio del primo conflitto mondiale, esegue 54 litografie intitolate Danza macabra, tramite le quali rivela il suo sentimento antitedesco. Stampate in formato cartolina, vengono distribuite tra gli alleati quale propaganda contro l'impero austroungarico: a tale proposito, va ricordato che Charles Carry, addetto all'Ambasciata inglese di Roma gli invia i suoi complimenti uniti alla richiesta di una serie completa per l'Ambasciatore inglese presso il Quirinale; anche il pittore Federico Zandomeneghi rimane colpito e "impaurito" dalla "fantasia infinita" di Martini.
L'artista inizia anche una serie di litografie, terminate nel 1915, per il poema grafico Misteri, contenente sei illustrazioni (AmoreMorteInfinitoFolliaSogno,Nascita). 

Nel 1917-18 a Bologna, in attesa di partire per il fronte, Martini inizia a miniare, con inchiostro di china e acquarelli colorati, le ballate Les Orientales di Victor Hugo portate a termine nel gennaio dell'anno successivo.
Nel 1923 alla primavera di quest'anno risale l'idea di Martini del Tetiteatro: un teatro sull'acqua completamente inventato e dedicato, come dice il nome, alla dea del mare Teti. "Fu nella primavera del 1923 che inventai il Tetiteatro – scriverà Martini nella sua Vita d'artista - un'invenzione teatrale che ha fatto il giro del mondo rimanendo intatta, perché il giro del mondo non l'ha fatto con l'autore. Un architettonico teatro terraqueo, uno strumento gigante per le risonanze di una nuova voce e per nuove plastiche teatrali".
Martini esegue, infatti, ispirandosi a opere teatrali o musicali di WagnerStraussEschiloWilde e altri, una serie di disegni e scenografie per la realizzazione del suo teatro sull'acqua. Tali illustrazioni verranno pubblicate nel volume Il Tetiteatro ovvero il teatro sull'acqua di Alberto Martini, testo di Emanuele di Castelbarco, edito nel 1924 da Bottega di Poesia.
Deluso e amareggiato dall'ostilità dei critici italiani, che verso la fine degli anni venti sembrano ignorare i suoi lavori, Martini si trasferisce a Parigi ove trova amicizie altolocate e numerosi estimatori della sua arte. "I miei nemici - scrive alla moglie rimasta in Italia - (molto piccoli ma nemici) che congiurano continuamente contro di me (capitanati dalla signora S.-Sarfatti-) ... hanno giurato di cancellarmi non solo dai pittori italiani ... ma hanno giurato anche di cancellarmi come pittore nella memoria degli italiani, impedendomi di presenziare nelle esposizioni e nel mercato italiano.. So bene che la mia pittura originale può dar noia agli scarabocchini ed ai criticonzoli miopi, invidiosi dell'intuito di Pica.." A Parigi Martini rimarrà sino al 1934, a eccezione di qualche breve soggiorno in Italia e un viaggio a Berlino. "...Vissi per parecchi anni a Montparnasse, il quartiere degli artisti - ricorda Martini nella sua "Vita d'artista"-, in un atelier ultimo stile, tanto grande e alto, che salendo una scletta interna, mi trovavo in un piccolo appartamento che girava come una loggia di teatro. ...Quando sentivo che il mio artistico era stanco scendevo nei Boulevards, nelle rumorose terrazze frequentate da migliaia fi piccoli e grandi artisti di tutto il mondo. Montparnasse era la babele dell'arte, erede di quelle del Quartiere Latino e di Monmartre...Mi sedevo, spettatore appartato, per osservare l'interessante commedia dll'arte che si svolgeva intorno. Gli attori erano giovani artisti in attesa di successo, vecchi celebri dall'espressione soddisfatta o agonizzanti della disillusone, nell'alcool, nella follia..."
Inizia a dipingere "alla maniera nera" eseguendo opere di impostazione surrealista: ne sono esempio gli oli Conversazione con i miei fantasmiFiore dello scoglioLa prigione sotterranea. A proposito di questo nuovo modo di dipingere Martini annoterà: "...La grande finestra del mio studio è aperta nella notte. In quel nero rettangolo passano i miei fantasmi e con loro amo conversare. Mi incitano a essere forte, indomito, eroico, mi sussurrano segreti e misteri che forse ti dirò. Moltissimi non crederanno e me ne duole per loro, perchè chi  non ha immaginazione vegeta in pantofole: vita comoda, ma non vita d'artista. Una notte senza stelle, in quel rettangolo nero mi vidi come in uno specchio. Mi vidi pallido, impassibile. E' la mia anima, pensai, che ora specchia il mio volto nell'infinito e un  giorno specchiò chissà quali mie sembianze, perchè se l'anima è eterna non ha nè principio nè fine e noi non siamo ora che un suo differente episodio terreno. E questo pensiero rivelatore mi turbava ... 

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